venerdì 31 maggio 2013

Il foglio bianco


Una pagina bianca.
E' lì sul tavolo, lasciata da chissà chi. Incustodita.
Lì accanto c'è una penna blu. La osservo. Poi osservo il foglio.
Mi sento attratta da questi due oggetti. Sembra quasi che mi chiamino con voce suadente.
Ho voglia di prenderli, di andarmi a sedere sul muretto in giardino, all'ombra dell'ulivo.
Lontano dal chiacchiericcio confuso della mia famiglia riunita di là in salotto.
Non so ancora cosa scriverò, ma so per certo che mi basterà afferrare la penna e scrivere anche una sola parola per avere lo spunto da cui partire, come gettarmi da uno scoglio tra le onde e seguire la corrente, lasciarla fluire attorno a me e con lei scivolare lontano...

Ho sempre avuto la necessità di affidare i miei pensieri a silenziosi fogli di carta. Dialogavo con loro con un linguaggio che non mi era permesso usare nella vita di ogni giorno, con cui normalmente non comunicavo con le persone.
Nel buio della mia stanza, da adolescente dall'animo tormentato come tutti gli adolescenti, scrivevo fiumi di parole alla luce di una torcia al neon. E sfogavo rabbia e paura, silenziose e pesanti presenze. Erano parole dure e malinconiche, cariche di un significato che forse non ero in grado di comprendere a fondo a quell'età. 
Un'anima in cerca di una direzione da seguire, in balia del vento e della tempesta che imperversavano attorno. O forse solo una persona all'alba della propria esistenza che cerca di trovare la propria strada nel mondo.
Riaprendo quei quaderni trovo anche pagine luminose, coraggiose. Parole d'amore e gratitudine alla vita.
Quella silenziosa solitudine notturna sapeva regalarmi sensazioni che si opponevano con forza al caos interiore, al rumoreggiare della vita alla luce del giorno. E nonostante l'oscurità appariva così chiaro come dare ai pensieri una forma sulla carta, fatta di inchiostro e assoluta sincerità.
Affidare i propri pensieri ad un amico che è in grado solo di ascoltare, senza emettere giudizi né fare domande a cui non si ha voglia di rispondere.
Non ho mai realmente saputo se mio fratello, con cui dividevo la stanza, avesse letto quegli scritti. Forse no.
Forse sono rimasti miei e della scatola che ormai da anni li contiene. La scatola viola sotto il mio letto.