lunedì 20 aprile 2015

Diario di viaggio II: gli altipiani e le Gorge de Dades

  E' tarda mattinata quando ci lasciamo Midelt alle spalle per dirigerci verso sud-ovest. Andando incontro ad altre montagne, attraverso strade tortuose e tornanti, ci arrampichiamo sulle loro pendici rocciose e veniamo ripagati delle lunghe ore di guida da panorami mozzafiato e forti cambi di tonalità. Tra cime innevate e laghetti ghiacciati alle prese con il disgelo, scavalchiamo un passo restando piacevolmente sorpresi dalla vista a centottanta gradi che si apre su valli dalle coltivazioni verde scintillante incastonate come piccoli gioielli, in forte contrasto con il blu intenso del cielo limpido e le montagne rocciose e quasi prive di vegetazione che le incorniciano.
Steppa nell'Alto Atlas
Trasporti fantasiosi (pecore sul portapacchi!)
















  Lo sfondo muta chilometro dopo chilometro, come il fondale di un teatro cambia a seconda della scena. Superato Rich, in direzione di Amellagou, la strada diventa una stretta striscia d'asfalto attraverso un vasto altipiano con un altitudine tra i 1.300 e i 1.500 m. s.l.m., coperto da una steppa punteggiata da piccoli arbusti e piante grasse di forma rotondeggiante, simili a tante ciotole rovesciate. Qualche pastore si aggira solitario con greggi di capre e pecore, ben lontano dai pochi villaggi sperduti, distanti ore di cammino l'uno dall'altro.
   Non posso fare a meno di stupirmi del fatto che ci siano persone in grado di vivere in luoghi come questi, in cui si ha l'impressione di essere approdati su di un altro pianeta, dove il tempo è scandito in maniera diversa da quella a noi conosciuta. Si tratta di clan composti da famiglie allargate, con più generazioni sotto lo stesso tetto, fisicamente isolati dal resto del mondo, se non fosse per tv, internet e cellulari - le cui antenne non mancano nemmeno nelle aree rurali meno popolate. Per lo più allevatori, sono costantemente impegnati a rubare strisce di terra fertile al suolo roccioso che li circonda, trasformando le sponde di fiumi stagionali in giardini e orti, verdi e rigogliosi.
Bandiera Amazigh:
la lettera Z dell'alfabeto Tifinagh
 simboleggia L'uomo libero
  Quasi ogni villaggio possiede una scuola e ad ogni ora del giorno i bambini riempiono strade e piazzette: un pallone, risate sonore, pochi libri abbandonati su qualche muretto. La salita al trono di Re Mohamed VI, nei primi anni duemila, ha rivoluzionato il mondo dell'istruzione marocchina, rendendo obbligatoria la frequenza scolastica e introducendo l'insegnamento del Tifinagh, la lingua berbera la cui scrittura si era persa nel tempo. Soffocata dal regine arabo che impose l'Islam su tutto il territorio, vennero bruciati i libri e proibito agli Imazighen (il popolo berbero originario del Marocco) di dare nomi tradizionali ai propri figli o praticare i culti pagani.
  Nonostante la forte repressione subita, gli Imazighen sono riusciti comunque a mantenere vive lingua, tradizione e cultura, tramandate fino ad oggi con orgoglio e fierezza. Non hanno mai smesso di battersi per mantenere viva la loro identità culturale; comitati, associazioni e piccoli partiti politici indipendenti restano in prima linea nel dialogo tra governo e popolazione: i segnali fanno ben sperare ma, a detta dei diretti interessati, la strada verso il totale riconoscimento sociale è ancora lunga.
Entrata del canyon presso Imider
Raggiunto Amellagou ci inoltriamo nei profondi canyon che risalgono il corso del Oued (fiume) Melloul tra imponenti pareti rocciose che, nonostante i cartelli minaccino crolli oltre ogni nuova curva, sono popolati di villaggi e abitazioni costruite fin sotto gli speroni di roccia. Dopo aver superato alcuni ponti parzialmente spazzati via dalle straordinarie piene dello scorso novembre e alcuni guadi di piccola entità, ci imbattiamo in un ponte completamente sommerso d'acqua. Gli abitanti del luogo si sono attrezzati e per chi non riesce a superare il guado senza incagliarsi nel pietrisco del fondo o essere quasi trascinato via dalla forte corrente, un trattore è a disposizione per traghettare i mezzi alla riva opposta. La proposta è allettante: un modesto compenso al conducente e si  può superare l'ostacolo senza pericoli. O quasi. Mentre decidiamo se fidarci o meno dello zelante proprietario del trattore, assistiamo alla problematica traversata di un camion, il quale, nonostante il trattore, per ben due volte resta bloccato nel mezzo del fiume. Ci guardiamo negli occhi: la nostra auto è piuttosto bassa, viaggiamo con due bambini e sarebbe stupido rischiare.
Guado nei pressi di Amouguer
Certo che, non attraversando questo fiume, siamo costretti a fare marcia indietro, tornare a Rich e scendere verso Errachidia. Questo significa allungare di almeno 150 km! Ma, non avendo altra scelta, ci rimettiamo in moto e percorriamo la strada a ritroso. Raggiungiamo il nostro albergo nella valle delle Gorge de Dades quando la notte ha ormai avvolto il panorama, impedendoci di capire dove ci troviamo. Stanchi e affamati veniamo accolti dalla famiglia che gestisce la Maison D'Hotes Chez L'Abitant Amazigh e, dopo un tè alla menta e una doccia calda, ci sentiamo come a casa. Il mattino seguente, mi sveglio all'alba e il panorama che mi offre la terrazza sul tetto dell'albergo è spettacolare: ci troviamo in una stretta valle composta da montagne aride, di un rosa dalle sfumature rosse; una natura dirompente, piena di forza e al contempo delicata e fragile. Non posso evitare di scattare una quantità esagerata di fotografie. Ma le immagini più belle, corredate dal canto degli uccelli, lo scorrere del fiume Dades e le voci delle persone del villaggio, restano un ricordo personale così intenso che mi sembra impossibile descrivere.

Maison D'Hotes Chez l'Abitant Amazigh
Gorge de Dades

Particolare di una porta:
una fibula, simbolo berbero

Tamellalt


Gorge de Dades all'alba

Pinnacoli e speroni di roccia rossa
(anche conosciute come "dita di scimmia")






Nessun commento:

Posta un commento