Erano seduti da un’ora ormai.
Dopo essersi accavallate e rincorse, sputato accuse ed esploso bombe cariche di
insinuazioni, le parole sembravano esaurite, prosciugate. Gli occhi si
perdevano nei piatti pieni di cibo ormai freddo, scivolando poi nervosi tra gli
altri clienti del ristorante. Lui teneva le mani sul tavolo, strette in pugni
che gli sbiancavano le nocche. Lei si accaniva contro il tovagliolo che aveva
in grembo. Lui afferrò il Negramaro e indugiò sul proprio bicchiere, ma anziché
versarvi il vino, portò la bottiglia alla bocca lasciando che una generosa
quantità scivolasse in gola.
Lei lo guardò senza poter fare a
meno di emettere una risata nervosa. Si stropicciò le mani al di sopra del
piatto e impugnò coltello e forchetta per infierire su un’inerme filetto fino a
ridurlo in brandelli grandi quanto coriandoli. Quando ebbe finito posò le mani
ai lati del piatto ed emise un respiro lungo e sofferente. «Sono così stanca…» Scosse
la testa e spostò indietro la sedia per alzarsi.
Lui alzò la mano destra,
avvicinandola istintivamente a quella di lei.
Lei osservò quel movimento come
se il tempo si fosse preso una pausa: erano lì, nel loro ristorante preferito,
quello dove lui le aveva chiesto di sposarla, quello dove avevano cenato ad
ogni anniversario, lo stesso in cui ventidue anni prima si erano conosciuti
lavorando come camerieri per pagarsi gli studi. Erano cambiati, la vita li
aveva cambiati; restava solo l’ombra dei diciottenni sognatori e spregiudicati
le cui esistenze si erano fuse quella lontana sera di settembre. Le sembrò che
le persone agli altri tavoli si fossero zittite, tutte insieme, come le cicale
nei pomeriggi torridi, o che se ne fossero andate lasciandoli soli.
Nella mente di lui scorse lenta
l’immagine della sua mano che infilava all’anulare di lei un anello con
brillanti, quello che gli era costato tutti i gioielli d’oro di cui sua madre era
in possesso. La vide correre sulla spiaggia bianca in cui avevano trascorso la
luna di miele, piena di vita e progetti. E poi quel periodo avvolto dalle ombre,
infinito e paralizzante: il rapimento, le violenze subite, la paura di non fare
ritorno a casa, la sensazione di morte nel cuore; e lei che, quando finalmente
era stato ritrovato, si credeva ormai vedova. E poi il ritorno alla vita
quotidiana, la riabilitazione, gli occhi curiosi dei vicini. E lei che gli
rinfacciava di essere diverso, violento, che la persona che aveva sposato non
era la stessa che aveva fatto ritorno dall’incubo.
Lei tenne lo sguardo fisso alle
loro mani, distanti solo pochi centimetri. Trattenne il respiro e la mente la
portò indietro a quella sera in cui lui le aveva sfiorato la mano e lei aveva
sentito una scossa piacevole e inaspettata. Si erano guardati negli occhi e le
era sembrato che non potessero esisterne di un blu più intenso. E la leggera
pelle d’oca che a quel contatto le aveva avvolto la mano, salendo verso il braccio,
aveva raggiunto la nuca provocandole un sorriso involontario. Riprese a
respirare scoprendo di avere gli occhi lucidi e una gran voglia di piangere.
La mano di lui sfiorò le dita di
lei e si bloccò, indecisa se proseguire e raggiungere l’obiettivo o fare marcia
indietro. Era un gesto automatico o dettato da un suo reale bisogno di contatto
fisico? O dal senso del dovere che lo spingeva a confortare la donna con cui nel
bene e nel male aveva condiviso giorni, mesi e anni? Scendere a toccare la sua
pelle poteva provocare in lei speranze o false illusioni.
Fu lei a rompere l’indugio di
cui il marito sembrava vittima e a lasciare che la propria mano andasse
incontro a quella di lui, rivolse il palmo verso l’alto e si ancorò alle sue dita
lasciando che dagli occhi piovessero tutte le lacrime che erano rimaste a lungo
in attesa.
Lui rispose a quella stretta senza
esitazione e sfiorò il nero liquido degli occhi di sua moglie con la luce blu del
proprio sguardo.
Appena lei scoppiò in un pianto
convulso, l’incantesimo di cui erano stati vittima si sciolse, si resero conto
di non essere soli e che molti dei clienti li stavano osservando incuriositi.
«Usciamo» disse lei
singhiozzando.
«Sì, andiamo a casa.»
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