Tempo fa mi è stato chiesto di elaborare una riflessione/recensione su un famoso mini racconto di Augusto Monterroso, autore sudamericano che ci ha lasciato l'ambiguo IL DINOSAURO.
Potremmo pensare che l’autore de
Il dinosauro abbia partorito il mini racconto in questione in un annoiato
pomeriggio di sole cocente nella pampa sudamericana e che il prolungarlo anche solo
di qualche riga gli avrebbe causato una disidratazione estrema visti i 45 gradi
esterni. Ma ad un’attenta analisi scopriamo che Monterroso è riuscito a
costruire un castello composto da parecchie stanze segrete, ambienti che solo
il lettore attento ha il potere di aprire per scoprirne il contenuto.
“Quando si svegliò, il dinosauro
era ancora lì” recita il testo del racconto. Bene, la prima cosa che viene da
chiedersi è quale potrebbe essere l’identità del personaggio che si sveglia: si
tratta forse di un bambino che si è addormentato aggrappato al suo dinosauro di
peluche e, dopo aver sognato incredibili avventure in compagnia dell’adorato
giocattolo, la mattina seguente si stupisce di trovarlo ancora accanto a lui?
O la vittima di un rapimento
messo in atto da un quasi centenario, detto “il dinosauro”, che se ne sta
seduto su una poltrona sfatta in fondo al materasso sudicio sul quale il
malcapitato/a è stato costretto a dormire?
O non potrebbe magari trattarsi
di un incipit di un romanzo distopico nel quale gli esseri umani convivono con
i dinosauri? In tal caso ci si augura che l’esemplare in questione fosse un
erbivoro tutto muscoli e niente cervello. Al contrario è abbastanza evidente il
motivo per cui del romanzo sia rimasto solo l’incipit: il dinosauro carnivoro
fa un sol boccone del poveretto e la storia finisce lì.
Magari un fantasy, nel quale
l’eroina di turno, svenuta per un combattimento estenuante contro un essere
demoniaco a forma di dinosauro, si ridesta e con delusione scopre di essere
ancora tra le grinfie del mostro. Riuscirà ad uscirne viva? Se è un fantasy è
probabile che faccia uso della magia e si salvi all’ultimo secondo, appena
prima della pagina dei ringraziamenti.
O ancora, il finale di una
storia tragica e incredibile, il cui protagonista vive avventure da film
holliwodiano e alla fine scopre che è stato tutto un sogno e che il piccolo
tirannosaurus rex telecomandato con cui da bambino ha trascorso ore liete è
ancora lì, sulla mensola tra letto e scrivania, a osservarlo con tanto di denti
aguzzi e occhi strabuzzati.
Ma Monterroso ha voluto scrivere
un mini racconto di proposito, così ci viene tramandato, dunque quale
motivazione potrebbe averlo spinto a condensare in sole otto parole un concetto
o una storia? Per la verità ci aveva già pensato il caro Ungaretti con la sua
Mattina (chi non si ricorda la parafrasi de “M’illumino d’immenso” fatta alle
medie?), è vero, quella era una poesia e questo un racconto, ma bisogna dire
che la capacità di sintesi era una dote di entrambi. Il dinosauro potrebbe
rappresentare un vecchio sistema, un dogma ormai datato che stenta a farsi
seppellire là dove sarebbe giusto finisse, sotto polvere stratificata, nascosto
alla vista per tornare alla luce millenni dopo, riemergendo con il solo scopo
di stupire i presenti facendoli esclamare: che barbari a quei tempi, meno male
siamo nati in un’altra epoca!
Potrebbe trattarsi di un
pensiero oscuro, la preoccupazione di un ragazzino che nella solitudine della
propria stanza, e senza il sostegno di genitori assenti e asettici, combatte
contro le sue paure, vere o infondate, di mostri e predatori che agiscono alla
luce del giorno. Lui si sveglia illudendosi che si sia trattato di un brutto
sogno, ma ciò che teme è ancora lì, minaccioso e ingombrante.
Ma il dinosauro potrebbe anche essere
la rappresentazione di una depressione, una condizione mentale che affligge
colui o colei che si sveglia e che con amarezza scopre che esauritasi la coltre
fumosa creata dagli psicofarmaci, il malessere che sente dentro, quell’ombra
minacciosa è lì ad aspettarlo/a. Ancora.
Mi accorgo di aver pensato solo
a scenari negativi e di non aver dato spazio a situazioni ordinarie, semplici.
Potrebbe per esempio trattarsi di un bambino che sognando di perdere il suo
peluche preferito a forma di dinosauro, si sveglia in preda all’agitazione e lo
cerca con lo sguardo per poi trovare il suo amico là dove è sempre stato. Lieto
fine. Almeno uno.
Avendo resistito alla tentazione
di spulciare il web per prendere spunto dalle teorie di altri critici sul reale
significato de Il dinosauro, non so se l’autore abbia mai rivelato il
significato di questo mini racconto né se abbia spiegato da quali pensieri sia
scaturito guidandolo nella scelta di parole e punteggiatura. Quindi può darsi
che le mie speculazioni siano surreali e totalmente fuori strada, chiedo
pertanto perdono alla memoria dell’autore.
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