mercoledì 17 gennaio 2018

Il dinosauro di Monterroso

Tempo fa mi è stato chiesto di elaborare una riflessione/recensione su un famoso mini racconto di  Augusto Monterroso, autore sudamericano che ci ha lasciato l'ambiguo IL DINOSAURO.

Potremmo pensare che l’autore de Il dinosauro abbia partorito il mini racconto in questione in un annoiato pomeriggio di sole cocente nella pampa sudamericana e che il prolungarlo anche solo di qualche riga gli avrebbe causato una disidratazione estrema visti i 45 gradi esterni. Ma ad un’attenta analisi scopriamo che Monterroso è riuscito a costruire un castello composto da parecchie stanze segrete, ambienti che solo il lettore attento ha il potere di aprire per scoprirne il contenuto.

“Quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì” recita il testo del racconto. Bene, la prima cosa che viene da chiedersi è quale potrebbe essere l’identità del personaggio che si sveglia: si tratta forse di un bambino che si è addormentato aggrappato al suo dinosauro di peluche e, dopo aver sognato incredibili avventure in compagnia dell’adorato giocattolo, la mattina seguente si stupisce di trovarlo ancora accanto a lui?
O la vittima di un rapimento messo in atto da un quasi centenario, detto “il dinosauro”, che se ne sta seduto su una poltrona sfatta in fondo al materasso sudicio sul quale il malcapitato/a è stato costretto a dormire?
O non potrebbe magari trattarsi di un incipit di un romanzo distopico nel quale gli esseri umani convivono con i dinosauri? In tal caso ci si augura che l’esemplare in questione fosse un erbivoro tutto muscoli e niente cervello. Al contrario è abbastanza evidente il motivo per cui del romanzo sia rimasto solo l’incipit: il dinosauro carnivoro fa un sol boccone del poveretto e la storia finisce lì.
Magari un fantasy, nel quale l’eroina di turno, svenuta per un combattimento estenuante contro un essere demoniaco a forma di dinosauro, si ridesta e con delusione scopre di essere ancora tra le grinfie del mostro. Riuscirà ad uscirne viva? Se è un fantasy è probabile che faccia uso della magia e si salvi all’ultimo secondo, appena prima della pagina dei ringraziamenti.
O ancora, il finale di una storia tragica e incredibile, il cui protagonista vive avventure da film holliwodiano e alla fine scopre che è stato tutto un sogno e che il piccolo tirannosaurus rex telecomandato con cui da bambino ha trascorso ore liete è ancora lì, sulla mensola tra letto e scrivania, a osservarlo con tanto di denti aguzzi e occhi strabuzzati.

Ma Monterroso ha voluto scrivere un mini racconto di proposito, così ci viene tramandato, dunque quale motivazione potrebbe averlo spinto a condensare in sole otto parole un concetto o una storia? Per la verità ci aveva già pensato il caro Ungaretti con la sua Mattina (chi non si ricorda la parafrasi de “M’illumino d’immenso” fatta alle medie?), è vero, quella era una poesia e questo un racconto, ma bisogna dire che la capacità di sintesi era una dote di entrambi. Il dinosauro potrebbe rappresentare un vecchio sistema, un dogma ormai datato che stenta a farsi seppellire là dove sarebbe giusto finisse, sotto polvere stratificata, nascosto alla vista per tornare alla luce millenni dopo, riemergendo con il solo scopo di stupire i presenti facendoli esclamare: che barbari a quei tempi, meno male siamo nati in un’altra epoca!
Potrebbe trattarsi di un pensiero oscuro, la preoccupazione di un ragazzino che nella solitudine della propria stanza, e senza il sostegno di genitori assenti e asettici, combatte contro le sue paure, vere o infondate, di mostri e predatori che agiscono alla luce del giorno. Lui si sveglia illudendosi che si sia trattato di un brutto sogno, ma ciò che teme è ancora lì, minaccioso e ingombrante.
Ma il dinosauro potrebbe anche essere la rappresentazione di una depressione, una condizione mentale che affligge colui o colei che si sveglia e che con amarezza scopre che esauritasi la coltre fumosa creata dagli psicofarmaci, il malessere che sente dentro, quell’ombra minacciosa è lì ad aspettarlo/a. Ancora.

Mi accorgo di aver pensato solo a scenari negativi e di non aver dato spazio a situazioni ordinarie, semplici. Potrebbe per esempio trattarsi di un bambino che sognando di perdere il suo peluche preferito a forma di dinosauro, si sveglia in preda all’agitazione e lo cerca con lo sguardo per poi trovare il suo amico là dove è sempre stato. Lieto fine. Almeno uno.

Avendo resistito alla tentazione di spulciare il web per prendere spunto dalle teorie di altri critici sul reale significato de Il dinosauro, non so se l’autore abbia mai rivelato il significato di questo mini racconto né se abbia spiegato da quali pensieri sia scaturito guidandolo nella scelta di parole e punteggiatura. Quindi può darsi che le mie speculazioni siano surreali e totalmente fuori strada, chiedo pertanto perdono alla memoria dell’autore.

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